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edizione 2018

Rae Helen Langton

Speech Acts and the Accommodation of Injustice

Rae Helen Langton  (University of Cambridge) si occupa di indagare il rapporto che intercorre tra gli atti linguistici e la giustizia sociale. Il linguaggio, per Langton non è meramente un modo per pronunciare suoni, bensì un modo di agire nel mondo. Se così interpretato, il linguaggio può essere all’origine di forme di ingiustizia e di subordinazione – si pensi al linguaggio d’odio o alla pornografia.

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Rassegna stampa

Seminari propedeutici

► 13 dicembre 2017 – ore 11-13 (Aula San Tommaso, DIBIT 1) Laura Caponetto (UniSR) – “Atti linguistici, subordinazione e riduzione al silenzio” ​

 

Abstract: Una delle declinazioni più interessanti del tema della discriminazione in filosofia del linguaggio è legata a quello che è diventato comune chiamare hate speech(o linguaggio d’odio). L’obiettivo del seminario è quello di offrire, a partire dai lavori di Rae Langton, un’analisi delle istanze ordinarie di linguaggio d’odio in termini di atti linguistici di subordinazione. Riprendendo il quadro austiniano, tale prospettiva si concentra non tanto su ciò che il linguaggio d’odio dice, quanto su ciò che i parlanti fanno nei casi di uso ordinario di hate speech. Verrà posto l’accento su come il linguaggio contribuisca a creare e a rinforzare le disuguaglianze sociali e su come le parole di alcuni abbiano la capacità di sottrarre ad altri diritti civili fondamentali (in primis, il diritto alla libertà di espressione). ​

 

► 19 dicembre 2017 – ore 14-16 (Aula San Tommaso, DIBIT 1) Laura Caponetto (UniSR) – “Parlanti, autorità e dinamiche conversazionali” ​

 

Abstract: Il problema dell’autorità costituisce una delle obiezioni più spinose per la concezione del linguaggio d’odio in termini di atti linguistici di subordinazione. Questi vengono classificati da Langton come verdettivi o esercitivi – illocuzioni che conferiscono diritti e poteri a taluni individui, e privano di diritti e poteri altri. Alla luce di alcune considerazioni di Austin, Langton raggruppa verdettivi ed esercitivi nella classe degli authoritative speech acts: atti per compiere i quali il parlante deve godere di autorità nel dominio rilevante. Nella maggior parte degli esempi di linguaggio d’odio (si pensi ai casi di aggressione verbale per strada o in luoghi pubblici), il parlante non sembra però possedere alcun tipo di autorità. Ne dovrebbe seguire che, con le sue parole, non possa compiere felicemente atti di subordinazione. L’obiettivo del seminario è quello di analizzare il modello degli esercitivi conversazionali di Mary Kate McGowan e valutare in che misura esso possa offrire una soluzione al problema. ​

 

► 20 dicembre 2017 – ore 11-13 (Aula San Tommaso, DIBIT 1) Laura Caponetto (UniSR) – “Come contrastare i linguaggi d’odio: good speech, bad speech e counter-speech” ​

 

Abstract: Negli ultimissimi anni, Langton ha raffinato la sua strategia di trattamento dei linguaggi d’odio, facendo leva sulla nozione di licensed authority introdotta da Ishani Maitra. Il nucleo della nuova proposta è questo: qualsiasi parlante ordinario può acquisire autorità se si comporta come se l’avesse e nessuno degli astanti interviene mettendola in dubbio. Un uomo bianco sale su un tram, comincia a urlare parole di denigrazione contro una giovane donna araba, e con ciò stesso (e nulla più) riesce ad assegnarle uno status di inferiorità – ma solo a patto che gli spettatori rimangano in silenzio. La proposta, che verrà analizzata in dettaglio nel corso del seminario, accende i riflettori sulla complicità degli astanti, inclusi quelli che, in cuor loro, non condividono le parole pronunciate dal parlante. Al contempo, essa svela un interessante meccanismo per contrastare i linguaggi d’odio: obiettare, rompere il silenzio, opporsi agli atti linguistici d’odio così da bloccarne la felice esecuzione. ​

 

► 6 febbraio 2018 – ore 11-13 (Aula Agnodice, DIBIT 1) Robert Mark Simpson (University College London) – “Scorekeeping and Social Theory” ​

 

Abstract: David Lewis’s account of “conversational scorekeeping” has proven useful in making sense of certain social phenomena involving language and communication. Lewis shows how conversations are a rule-governed activity, but in an unusually flexible sense, in that they can accommodate certain kinds of departures from “proper play” without breaking down. Lewis developed his account in part to flesh out elements of his philosophy of language, including his contextualist semantics for terms like “knowledge”. But philosophers like Mary Kate McGowan and Rae Langton have put Lewis’s framework to other uses, including explaining how identity-prejudicial speech can oppress or subordinate its targets. In this seminar we will review Lewis’s account, and critically examine its application in McGowan and Langton’s work.

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